NUOVE COLTURE E NUOVI PAESAGGI

SEMPLIFICAZIONE E CONCENTRAZIONE

Negli ultimi sessant’anni il paesaggio agrario si è disgregato e semplificato: è scomparsa la diversificazione produttiva, come pure la grande varietà di forme di conduzione e di attori, caratteristiche di tutta l’Italia fino alla metà del secolo scorso. Scomparsa la mezzadria e affermatasi la piccola proprietà, negli ultimi anni il ritaglio fondiario è sempre più virato verso il ritorno alla grande proprietà, facente talvolta capo a multinazionali, e non a persone fisiche.
Prezzi di vendita, incentivi e indennizzi nel mondo agricolo sono sempre di più dipendenti dalle Politiche Agricole Comuni (PAC).
Sul piano agronomico, colture da tempo presenti con una grande diversità di cultivar hanno visto l’omologazione verso pochissime varietà dalla resa maggiore. La frutticoltura ne è uno degli esempi più evidenti: la grande varietà di frutta (mele, pere, pesche, ciliegie, ecc.), figlia di secoli di selezione umana, si è decisamente appiattita in tempi recenti.
In altri casi, alcune coltivazioni, un tempo distribuite in modo diffuso, si sono ritirate in territori specifici, di cui sono andate a costituire l’unica specializzazione. Così è per il riso, che negli ultimi decenni è quasi scomparso in territorio padano emiliano-romagnolo e si è decisamente ridotto anche in area lombarda, per confinarsi nel quadrilatero composto da Novara, Vercelli, Alessandria e Pavia e in Veneto.
Girasole e soia, un tempo presenti in modo discontinuo in Italia, raggiungono oggi produzioni elevatissime sia per usi alimentari, sia come bio-combustibile, ossia per produrre il bio-diesel ad uso agricolo, riscaldamento e autotrazione.
Mais e triticum, più letame e rifiuti organici, finiscono nei bio-digestori e diventano bio-gas, ossia metano per produrre energia elettrica, termica, combustibile.
Se alcune colture precedentemente poco presenti si sono enormemente espanse, altre hanno parallelamente sperimentato una netta regressione. Su tutte la barbabietola da zucchero, diffusissima in area padana per tutto il Novecento e oggi rarefatta in seguito al regime delle quote europee, alla concorrenza dello zucchero di canna e all’affermarsi di altri dolcificanti.

Monocoltura a grano nella bonifica del Mezzano, area umida salmastra drenata negli anni Sessanta del Novecento durante la Riforma agraria. Delta del Po emiliano-romagnolo.
Campi di girasole in pianura padana. Tale coltura è oggi utilizzata sia per fini alimentari, sia come bio-combustibile
Campi di mais in area padana, coltura che negli ultimi decenni ha conosciuto un grande potenziamento. Il notevole consumo idrico che essa comporta pone però seri interrogativi circa la sua sostenibilità nel futuro prossimo

NUOVE COLTURE

Si è assistito all’introduzione di nuove colture importate in quanto redditizie o per l’aumento della domanda. Questi nuovi paesaggi agrari risultano talora effimeri, scomparendo dopo pochi anni in seguito al rapido deprezzamento del relativo prodotto, oppure, in altri casi, diventano strutturali.
Un esempio di nuova coltivazione è quello del kiwi, di origine cinese e molto diffuso in Nuova Zelanda, sino ai primi anni Ottanta del Novecento quasi assente in Italia e del quale oggi, con il cuore produttivo in Romagna, siamo il secondo produttore al mondo.
Ancora più emblematico il caso della colza, decisamente rara sino a pochi anni fa e oggi in grande espansione nei terreni torbosi del delta del Po come foraggera e per ricavare un olio alimentare alternativo all’olio di palma importato da aree tropicali, nonché come bio-combustibile.
Altre nuove colture, anche se restano ancora prodotti di nicchia, si legano alla presenza di comunità straniere immigrate in tempi recenti nel nostro paese, di cui intercettano la domanda: così troviamo la menta in Piemonte per la presenza di forti comunità marocchine, oppure di zenzero, quinoa, curcuma, peperoni neri, cavoli cinesi, ecc., in funzione di altri gruppi etnici.

Filari di kiwi nella bassa valle del Lamone (Provincia di Ravenna). Tale coltura, introdotta nel nostro paese solamente nei primi anni Ottanta del Novecento, ha qui una delle sue massime aree di produzione (immagine da satellite).
Grandi impianti di fertirrigazione.

TECNOLOGIE

Gli anni del boom economico hanno visto una rapida meccanizzazione in tutti i comparti, compreso quello agricolo. Ciò ha significato l’impiego massiccio, soprattutto in area padana, di grandi macchine per quasi ogni operazione agricola, con evidenti e conseguenti riflessi sul paesaggio agrario: i campi di pianura sono diventati assolutamente piatti per favorire l’uso di nuovi ed enormi macchinari.
In tutta Italia abbiamo assistito alla scomparsa delle tradizionali sistemazioni dei campi, dalla baulatura in pianura ai terrazzamenti, alle sistemazioni agrarie a cavalcapoggio, girapoggio, rittochino, in collina.
Sono scomparse le colture promiscue per lasciare il posto alla monocoltura. Il tradizionale sistema della “piantata padana”, filari di viti maritate a sostegni vivi, alternati a seminativi o foraggere, è ridotto a pochissimi esemplari; ha lasciato il posto a filari ravvicinati legati a paletti di cemento.
Negli ultimi decenni, oltre alle macchine, l’agricoltura italiana ha visto un fiorire di applicazioni di nuove tecnologie: dall’agrometeorologia, all’uso di immagini satellitari, all’utilizzo dei droni. Una vera e propria agricoltura digitale di precisione che, con l’applicazione di dati georeferenziati, intende migliorare gli interventi d’irrigazione, fertilizzazione e antiparassitari.
Questi fenomeni sono soprattutto presenti in alcune aree del Paese – quelle dell’agricoltura industriale – mentre altrove, pur a macchia di leopardo, dopo anni di abbandono, massificazione e omologazione, compaiono oggi casi di recupero e ripristino di colture o di tecniche tradizionali, forme di ripresa di un’agricoltura più sostenibile e paesaggisticamente più articolata in connessione con l’agricoltura biologica o sociale. Il loro numero e il loro impatto sul totale del settore primario resta ancora poco rilevante, ma è comunque anche questa una forza motrice verso un cambiamento.

San Giovanni in Persiceto (BO) a metà del Novecento: attorno al centro urbano, la campagna era ancora dominata dal sistema della “piantata padana”, con filari di viti maritate a sostegni vivi molto distanziati tra loro (volo aereo IGM, 1954).
Le campagne di San Giovanni in Persiceto (BO) oggi: la “piantata” è completamente scomparsa, lasciando spazio a campi con monocolture.

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