CENSIMENTI GENERALI DELL'AGRICOLTURA

ISTAT E I CENSIMENTI GENERALI DELL’AGRICOLTURA

Dal 1961 l’ISTAT esegue i Censimenti generali dell’Agricoltura, con una cadenza decennale.

Dai censimenti è possibile ricavare alcune tendenze importanti sull’agricoltura italiana, come il numero delle aziende, la dimensione, la concentrazione, la distribuzione geografica e altimetrica, le tipologie colturali.

In questo senso, già sul finire degli anni ’50, Emilio Sereni nelle sue analisi ha anticipato alcune tendenze, poi confermate dai dati elaborati dei censimenti, quali l’abbandono delle pratiche agricole nella montagna e nell’alta collina, il regresso delle colture arative e arboree, l’abbandono della cura dei boschi e dell’utilizzo razionale dei pascoli.

ESTENSIONE DELLA SUPERFICIE AGRICOLA UTILIZZATA TRA 1970 E 2010
La Superficie agricola utilizzata (Sau) è l'insieme dei terreni investiti a seminativi, coltivazioni legnose agrarie, orti familiari, prati permanenti e pascoli e castagneti da frutto. Essa costituisce la superficie effettivamente utilizzata in coltivazioni propriamente agricole. È esclusa la superficie investita a funghi in grotte, otterranei ed ppositi edifici. Fonte: sito griregioneuropa.
ESTENSIONE DELLA SUPERFICIE TOTALE AZIENDALE TRA 1960 E 2010
La Superficie totale aziendale (Sat) è l'area complessiva dei terreni dell'azienda destinata a colture erbacee e/o legnose agrarie inclusi i boschi la superficie agraria non utilizzata nonché l'area occupata da parchi e giardini ornamentali, fabbricati, stagni, canali, ecc., situati entro il perimetro dei terreni che costituiscono l'azienda. Fonte: sito Agriregioneuropa.

Dal secondo dopoguerra, l’insieme delle leggi di riforma agraria e di sostegno alla piccola proprietà contadina hanno favorito la liquidazione dei cosiddetti residui feudali, come il latifondo meridionale, e causano la scomparsa dell’azienda mezzadrile del centro-nord Italia. L’emigrazione, il lento abbandono delle campagne e la meccanizzazione, hanno caratterizzato il ventennio 1950-1970, con una progressiva diminuzione della pressione sulla terra da parte della popolazione italiana.

A un aumento delle piccole imprese a conduzione familiare, corrisponde anche un incremento delle aziende che utilizzano manodopera salariata. L’analisi complessiva dei dati evidenzia tuttavia un crollo del numero delle aziende agricole, che passano dai 4,2 milioni del 1961 ai 1,6 milioni del 2010, con un drastico calo del 32% nel primo decennio del Duemila. Nello stesso periodo si riduce anche la SAU (superficie agricola utilizzata) che passa dai 17,5 milioni del 1970 ai poco meno di 13 milioni nel 2010.

La prima grande frattura, che emerge tra Nord e Sud del Paese, è evidente nel numero delle unità aziendali e nella loro dimensione. Nel Settentrione le aziende diminuiscono in modo più consistente ma aumenta la dimensione media (15 ha nel 2010), con effetti meno impattanti sul decremento della SAU. Nel Mezzogiorno le aziende registrano un sostanziale calo, ma di contro non si ravvisa un aumento della dimensione media aziendale (5 ha nel 2010, di poco superiore ai livelli del 1930).

UN PO’ DI DATI
Negli anni i sistemi di rilevazione e di sintesi dei dati hanno subito alcune modifiche, come il passaggio dal cosiddetto “Universo Italia” (il campo di osservazione del censimento italiano comprendeva tutte le unità di produzione agricola, senza riguardo alla loro ampiezza) all’"Universo UE” (Comprende le aziende agricole e zootecniche da chiunque condotte le cui dimensioni siano uguali o superiori alle soglie minime fissate dall’Istat secondo il Regolamento CE). Le rilevazioni con l’Universo UE sono attivate dal 2010 ma i dati sono stati armonizzati fino al 1982.

AZIENDE AGRICOLE IERI E OGGI

La dimensione aziendale in rapporto alla superficie negli ultimi quattro decenni si è fortemente polarizzata, con le imprese superiori ai 50 ettari (il 3%) che occupano il 42% della SAU. Superati i modelli di conduzione legati al latifondo e alla mezzadria a prevalere è quindi la conduzione diretta che utilizza manodopera familiare. La famiglia contadina è però indifesa rispetto alle turbolenze del mercato. Nel 2010 le imprese a conduzione diretta si riducono a meno di 1,5 milioni.
Dopo gli anni Settanta si rafforzano le aziende che ricorrono alla manodopera salariata. Aumentano anche quelle che sono condotte part-time e usufruiscono di servizi esterni (conto terzi). Negli ultimi decenni è aumentata notevolmente la quota di braccianti extracomunitari impiegati nelle diverse fasi colturali. La proprietà fondiaria continua a essere un problema in parte irrisolto, se si considera che nel 2010 il 45% dei terreni utilizzati è in affitto, ad uso gratuito o  appartenente a enti pubblici.
Un altro punto di rottura si osserva tra montagna, collina e pianura. Nella costante riduzione delle aziende agricole, l’abbandono dei territori montani raggiunge percentuali quasi doppie rispetto alle pianure. Nel periodo 1990-2010 la diminuzione delle aziende di montagna è pari al 25% rispetto al periodo precedente, contro il 13% della collina e al 14% della pianura. Una situazione che peggiora dal 2000 al 2010 con la scomparsa del 45% delle aziende agricole nelle “terre alte”.

La meccanizzazione ha avuto un ruolo importante nelle campagne italiane, soprattutto per lo sviluppo delle aziende vocate alla produzione per il mercato.
La famiglia-azienda contadina si sono ridotte nel tempo in modo sostanziale, nonostante in alcune aree del Paese siano state la struttura portante delle pratiche agricole.

QUADRO GENERALE

Il quadro che emerge dall’analisi dei censimenti rappresenta un’Italia agricola polarizzata tra aziende contadine familiari deboli che hanno abbandonato la montagna, soprattutto quella appenninica, e ridotto la loro superficie utilizzata, causando un degrado del paesaggio agrario e una riduzione della biodiversità. Le grandi aziende capitalistiche sono ancora inferiori rispetto alla media europea e sono inserite in un sistema produttivo legato al capitale finanziario, quindi esposte alla fluttuazione di fattori esterni al mondo rurale. Le società di capitale raddoppiano la loro superficie aziendale ma contano solo 7.700 unità. Anche le cooperative si rafforzano dal punto di vista quantitativo superando le 3000 unità.

Alla luce dei dati strutturali è necessario riflettere sul ruolo delle piccole aziende agrarie che possono investire sulla pluriattività, ponendosi l’obiettivo di stare sul mercato con prodotti di qualità, conservare e “edificare” un nuovo paesaggio agrario, contribuire alla sostenibilità ambientale ed economica. Inoltre, occorre dare risposta alla crisi dell’agricoltura di montagna e delle aree interne per evitarne il definitivo abbandono.

Dal 7 gennaio al 30 luglio 2021 si è svolto il 7° Censimento nazionale dell’agricoltura che si è contraddistinto per le modalità innovative impiegate per la raccolta dei dati. I timidi segnali di ripresa, che vedono tra i protagonisti le donne e i giovani, devono essere colti e sostenuti nel loro sviluppo attraverso le opportune politiche nazionali e locali.

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Ansa del fiume Panaro, Saliceto sul Panaro (Modena)
L'agricoltura capitalistica ha modificato il paesaggio agrario, riducendone la varietà e la complessità.
Oggi le piccole aziende possono avere un ruolo importante nella valorizzazione paesaggistica e nella conservazione della biodiversità.

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