LA MONTAGNA E IL BOSCO. RIMBOSCHIMENTO VS URBANIZZAZIONE
TENDENZE EVOLUTIVE NELLE AREE MONTANE DEL NORD, CENTRO E SUD ITALIA
L’importanza delle superfici boscate è ad oggi largamente riconosciuta soprattutto in termini ambientali, ricoprendo, in particolare, una posizione di rilievo quando si parla di lotta al cambiamento climatico ma c’è da considerare anche l’importanza della risorsa forestale nella cultura tradizionale, essendo stata per decenni fonte di sostentamento per le comunità rurali soprattutto in area montana. In Italia, il bosco occupa una fetta importante del territorio, pari al 36,7% della superficie totale (IFNC, 2015), costituendo una risorsa determinante per il nostro paese. La sua importanza è storicamente riconosciuta sia da un punto di vista economico che ambientale avendo sempre ricoperto un ruolo fondamentale per l’economia ed il sostentamento delle comunità locali della nostra penisola.
Il bosco, difatti, è sempre stato parte integrante della quotidianità della popolazione italiana, essendo una risorsa non solo per il legname da costruzione o per la produzione di energia, ma anche in quanto impiegato per le attività pascolive o per la raccolta di prodotti non legnosi.
In generale, la superficie forestale in Italia ha subito rilevanti cambiamenti, in particolar modo negli ultimi decenni, derivanti da trasformazioni di tipo economico-sociale che hanno avuto importanti ripercussioni anche sulla sfera culturale. A partire dal secondo dopoguerra, infatti, a seguito dello sviluppo economico e della possibilità di nuove opportunità lavorative e maggiormente redditizie di cui i poli urbani si sono fatti promotori, si è assistito ad un progressivo spopolamento delle aree rurali, in particolare quelle montane, non più competitive, nonché isolate. Questo panorama ha contribuito alla progressiva diminuzione della pratica di molte delle attività forestali legate all’ambiente rurale tradizionale e di pari passo si è assistito ad una omogeneizzazione a scala di paesaggio (Agnoletti M., 2010). Infatti, il processo di abbandono ha comportato, come precedentemente affermato, una riduzione della gestione delle aree agricole e forestali che si è palesata nell’avanzamento della superficie boscata a discapito, in primis, delle superfici precedentemente coltivate.
BOSCO E TRASFORMAZIONI SOCIO-ECONOMICHE
Allo stesso tempo, però, la mancata gestione del bosco e la diminuzione delle attività selvicolturali e pascolive ad essa annesse ha anche fatto sì che la composizione della vegetazione forestale risultasse gradualmente meno differenziata. Di conseguenza, quelle superfici prima caratterizzate da un’alta varietà in termini di numero di tessere componenti il mosaico paesaggistico, nonché da un’elevata diversità intra ed inter specifica, sono andate incontro ad una crescente semplificazione. Ciò ha inficiato non solo in termini ambientali, infatti i processi di semplificazione ed omogeneizzazione hanno in alcuni casi comportato per esempio una diminuzione in termini di varietà di habitat, ma anche per quanto concerne la così detta diversità bioculturale, espressione della capacità antropica di adattarsi all’ambiente circostante e sfruttarne le potenzialità pur nel rispetto delle sue caratteristiche intrinseche (MITE, 2010). La diversità bioculturale che è quindi sintomo di una varietà di azioni, tradizioni e culture che ha dato vita a un insieme di sistemi di sostentamento fortemente differenziati gli uni dagli altri, risultato di un lungo processo di coevoluzione tra uomo e natura, a causa del fenomeno di abbandono ha visto una decisa riduzione.
Nonostante l’attività antropica sia spesso additata come influenza negativa, la gestione attiva del bosco risulta essere un mezzo efficace per il mantenimento delle caratteristiche delle superfici boscate sia in termini paesaggistici che ecologici. Come precedentemente accennato, infatti, essa contribuisce a preservare la diversità intra ed inter specifica della composizione vegetazionale del bosco, aumentando la biodiversità, favorendo la creazione ed il mantenimento di habitat nonché la salute del bosco stesso riducendo i rischi annessi a fenomeni di dissesto idrogeologico. Un esempio la gestione delle aree forestali ed agricole alle Cinque Terre, dove il mantenimento dei terrazzamenti ed il loro assiduo utilizzo ha garantito anche la salvaguardia di un territorio caratterizzato da pendici particolarmente scoscese e fortemente inclini a fenomeni franosi dovuti ad una sbagliata regimazione delle acque (Santoro A. et al., 2021).
Con l’abbandono delle aree agricole, si è assistito, anche qui come nel resto della penisola ad un diffuso processo di riforestazione (fig.3 e 4) che ha comportato numerosi problemi anche e soprattutto a livello ambientale. Nel periodo che va dal 1861 al 2011 la popolazione nei tre principali agglomerati urbani delle Cinque Terre, Vernazza, Monterosso e Riomaggiore, ha subito un decremento del 35%, mentre nell’area insignita del riconoscimento UNESCO, nel periodo 1929-2010, pari al 76% con una diminuzione della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) pari al 46% nel periodo 1971-2010. Questo processo, derivato dalle difficoltà di sostentamento locale e dalle nuove opportunità promosse dai maggiori centri urbani, ha comportato un forte abbandono del territorio ed una conseguente espansione del bosco che ha incrementato i fenomeni di erosione, frane ed instabilità del terreno e, di pari passo, la perdita di un patrimonio culturale di grande valore.
LA CARTA FORESTALE DEL 1936
Numerose sono le fonti che ci permettono di ripercorrere l’evolversi della superficie forestale in Italia e capirne, di conseguenza, le cause e le dinamiche di trasformazione. Grazie al confronto con i dati storici ed in particolar modo facendo partire l’analisi dalla carta forestale del Regno d’Italia del 1936 a cura dell’allora Milizia Nazionale Forestale, si ottengono dati fondamentali non solo sulla diffusione del bosco ma anche sull’impiego della risorsa forestale che ricopriva un ruolo centrale nell’economia di un tempo (http://carta1936.dicam.unitn.it/). Tali analisi di confronto non solo danno modo di analizzare i cambiamenti sia economici che ecologici che accompagnano la trasformazione del bosco rendendo evidente un suo ampliamento ma allo stesso tempo una sua omogeneizzazione dovuta alla carente gestione della risorsa forestale che si accompagna a diffusi fenomeni di dissesto idrogeologico nonché alla perdita di tradizioni storiche-culturali ed un impoverimento della biodiversità ad esso annessa.
È chiaro, però, che il processo di riforestazione ha caratterizzato in generale tutta la penisola italiana che ha visto, dal 1920 al 2010, un abbandono dei terrenti pari a 120.000 ha/anno con un conseguente aumento della superficie forestale di circa 70.000 ha/anno a cui si è affiancato anche un incremento delle aree urbane dove si è riversata gran parte della popolazione offrendo opportunità lavorative più vantaggiose e competitive rispetto a quelle delle aree rurali. Questo processo non ha connotazioni particolarmente diverse nel complesso della penisola, pur considerando che in alcune aree più marginali e nelle isole è stato spesso più incisivo. Considerato quanto precedentemente detto, risulta di rilevante importanza il recupero, mantenimento e valorizzazione delle pratiche tradizionali legate alla realtà forestale ed agricola ancora oggi praticate. Ciò infatti, non solo garantirebbe la salvaguardia di tradizioni e valori strettamente legati al territorio ma, soprattutto, il perseguimento degli obiettivi legati allo sviluppo sostenibile, rappresentando sistemi di produzione e gestione caratterizzati da bassi input energetici nonché favorendo la protezione del territorio anche e soprattutto a livello ambientale.